Con il 2024 ormai agli sgoccioli, la domanda su cosa aspettarsi per il costo del denaro nei prossimi anni è al centro delle analisi economiche. I tassi di interesse BCE sono stati tagliati già tre volte quest’anno, e una possibile quarta riduzione potrebbe arrivare nella riunione di dicembre. Ma cosa ci riserva il futuro?
Come sappiamo, la BCE ha inaugurato nel giugno 2024 un percorso di allentamento monetario dopo un lungo periodo di tassi elevati, segnando un cambio di passo significativo. Il tasso sui depositi, ora al 3,25%, è stato progressivamente abbassato, con l’obiettivo di sostenere l’economia e riportare l’inflazione vicino al target del 2%. Tuttavia, l’approccio rimane cauto: ogni decisione è guidata dall’andamento dei dati macroeconomici e dall’evoluzione delle condizioni finanziarie.
I tassi di interesse influenzano direttamente mutui, prestiti, obbligazioni e investimenti azionari, rendendo le decisioni della BCE un tema cruciale per famiglie, imprese e investitori. Il costo del denaro determina non solo il peso delle rate mensili, ma anche il rendimento degli investimenti, creando un impatto trasversale su tutta l’economia dell’Eurozona.
Ma cosa dicono gli esperti? Nell’ultima Survey of Professional Forecasters (SPF) della BCE, che raccoglie le opinioni di 49 analisti di mercato, emergono proiezioni interessanti. In questo articolo andremo ad analizzarle nel dettaglio.
Un recente sondaggio condotto dalla BCE, che ha coinvolto 49 analisti del settore privato, offre uno sguardo interessante sulle possibili mosse della politica monetaria nei prossimi mesi. Realizzato tra il 30 settembre e il 2 ottobre, l’indagine è stata completata prima della decisione del 17 ottobre, quando la BCE ha ridotto il tasso sui depositi al 3,25%, segnando un nuovo passo verso l’allentamento monetario.
Secondo la maggioranza degli esperti consultati, la BCE potrebbe intervenire nuovamente già questa settimana, precisamente giovedì 12 dicembre con la nuova riunione a Francoforte, con un taglio di 25 punti base che porterebbe il tasso sui depositi al 3%. Questo tasso, essenziale come punto di riferimento per il mercato, continuerà a essere al centro delle decisioni nei mesi successivi. La prospettiva riflette l’obiettivo della banca centrale di accompagnare l’economia verso una maggiore stabilità, mantenendo sotto controllo i prezzi.
Guardando al prossimo anno, gli analisti prevedono un ulteriore allentamento monetario:
Dopo questo percorso, ci si attende una fase di stabilità, con la BCE che adotterà un approccio attendista per monitorare l’effetto delle sue politiche.
Le previsioni indicano inoltre un’inflazione in calo all’1,9%, vicina al target del 2%. Questo risultato sarà favorito dal rallentamento dei salari e dei servizi, due componenti chiave che, pur mostrando maggiore lentezza nel ridimensionarsi, sono attese in discesa nel corso dell’anno.
Le stime riflettono un approccio ponderato da parte della BCE, che continua a calibrare le sue decisioni in base ai dati economici e all’andamento dell’inflazione. La mediana delle previsioni raccolte suggerisce che il 2025 potrebbe concludersi con tassi al 2,25%, segnando un equilibrio tra stimolo economico e controllo dei prezzi.
Se queste proiezioni si realizzeranno, il 2025 potrebbe rappresentare un anno cruciale per il completamento del ciclo di aggiustamenti monetari della BCE. Con i tassi più vicini ai livelli neutrali e un’inflazione in via di stabilizzazione, l’Eurozona potrebbe avviarsi verso un periodo di maggiore prevedibilità economica.
Le previsioni per il 2026 indicano un rallentamento nel ritmo delle modifiche al tasso sui depositi da parte della BCE. Secondo l’indagine, il tasso potrebbe scendere marginalmente al 2,13% nel primo trimestre per poi stabilizzarsi al 2% a partire dal secondo trimestre e mantenersi su questo livello fino alla fine dell’anno. Questo scenario riflette una fase di relativa stabilità monetaria, in linea con l’aspettativa di un ritorno alla normalità inflazionistica.
Le stime indicano un’inflazione al 1,9% nel 2026, un segnale positivo di disinflazione consolidata. Contestualmente, si prevede una crescita economica più solida, anche se moderata. Tuttavia, l’economia rimane vulnerabile a eventuali shock geopolitici, salariali o commerciali, che potrebbero costringere la BCE a rivedere le sue politiche, con il rischio di dover interrompere i tagli o persino aumentare i tassi in risposta a un cambiamento improvviso del contesto economico.
Nonostante il processo disinflazionistico sia in corso, come evidenziato da un tasso di inflazione dell’1,7% registrato a settembre 2026 secondo Eurostat, alcune vulnerabilità restano evidenti. L'attività delle imprese ha mostrato segnali di rallentamento, sottolineando le difficoltà di un’economia ancora in fase di riequilibrio. Inoltre, fattori esterni, come tensioni geopolitiche e modifiche nelle dinamiche salariali, potrebbero rappresentare rischi significativi per la stabilità economica.
Le prospettive per il 2027 restano avvolte da una certa incertezza, con gli analisti che prevedono due scenari principali: il mantenimento del tasso sui depositi al 2,0% o un possibile rialzo di almeno 25 punti base, portandolo al 2,25%. Questa dualità riflette le numerose variabili che potrebbero influenzare le decisioni della BCE nel lungo termine.
Per avere un quadro più definito, sarà fondamentale attendere l'aggiornamento delle proiezioni economiche della BCE, previsto in questo mese. Questi dati forniranno indicazioni chiave sull’evoluzione di fattori cruciali come la crescita economica, l’inflazione e i rischi geopolitici, che continueranno a guidare le decisioni della banca centrale.
Il 2027 potrebbe rappresentare un punto di svolta per la politica monetaria dell’Eurozona. Con la disinflazione ormai consolidata e una maggiore prevedibilità delle dinamiche economiche globali, la BCE potrebbe optare per un ritorno graduale a livelli di tassi più neutri, garantendo stabilità a lungo termine per mercati, famiglie e imprese.
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